Amelie Nothomb – Stupore e tremori
La prima delle recensioni della rubrica curata da una nostra lettrice un po speciale, Giada, una delle animatrici del club del libro IL GHIRIGORO.
11€ – Voland
Nell’antico protocollo imperiale nipponico, si afferma che ci si rivolgerà all’Imperatore con “stupore e tremore”. Mi è sempre piaciuta questa formula che corrisponde così bene al ruolo degli attori nei film di samurai quando si rivolgono al loro capo, la voce traumatizzata da un rispetto sovrumano.
P
ungente, ironico, tremendamente reale. I romanzi della Nothomb ci hanno abituato ad un connubio pressoché perfetto fra stile e narrativa, ed ogni volta che apro un suo nuovo libro prego che non mi deluda. Non è mai successo (dovrei decidermi ad inviare una lettera di scuse all’autrice, per tutte le volte in cui ho dubitato di lei).
Poco più di un centinaio di pagine ci portano, questa volta, all’interno della Yumimoto, una grande e rigidamente gerarchica azienda giapponese, nella quale non è ben chiaro che cosa si produce. La belga Amelie, protagonista dei suoi stessi libri, prevalentemente autobiografici, viene assunta per l’ottima conoscenza di giapponese, ma i servizi che sarà chiamata a compiere saranno disparati, poco definiti, non chiari a nessuno. Il razzismo che serpeggia nei confronti dell’occidentale pervade tutto il romanzo, ben celato dalle fredde cortesie nipponiche che devono sempre salvare ogni apparenza.
Man mano che ci si inoltra nella storia, come in un grande magazzino, scopriamo che la vetrina incantevole e allettante che sembrava essere la famosa azienda di Tokyo, cela in realtà quella che è la distanza abissale fra le mentalità europea e giapponese. La sua esperienza, narrata in prima persona, è pervasa di paradossi, ironie, assurdità che non possono, inizialmente, che far sorridere il lettore. Ben presto però diventa chiaro che la pazzia è l’assoluta normalità, per i giapponesi, fin da piccolissimi costretti a subire esami e test che li porteranno ad una brillante e agognata, quanto meschina, ascesa sociale, stoicamente succubi delle più rigide regole gerarchiche e comportamentali. Amelie, piena di entusiasmo e volontà, cerca in tutti modi di essere una buona dipendente, imparando e sottomettendosi alla fredda politica aziendale. Invano. Tutti i suoi sforzi, le sue premure, serviranno solo a rendere più rapida la caduta libera che la aspetta, probabilmente già prevista dai piani alti prima del suo arrivo. Ogni passo che compie sarà inevitabilmente sbagliato, offensivo o fuori luogo.
– Lei ha profondamente turbato la delegazione dell’azienda amica! Ha servito il caffè con formule di cortesia che lasciavano intuire la sua perfetta conoscenza del giapponese!
– (…) Ma se è proprio per la mia conoscenza della vostra lingua che la Yumimoto mi ha assunta!
– Non importa. Da adesso le ordino di non capire più il giapponese.”
Lo stupore è ciò che Amelie proverà nello scontrarsi con la brutale e rigida mentalità del Sol Levante, che intreccia pregiudizi radicati ad un’aperta ostilità nei confronti dello straniero, sia pure volenteroso e colto. I tremori sono il sovrumano rispetto e l’inevitabile umano timore che pervaderanno il suo animo per tutto il tempo di permanenza nell’azienda, ampiamente condivisibili.
Un libro brillante, piacevole, in cui la Nothomb sa trovare (e quando mai ha fallito?) la giusta dose di ironia con cui circondare tutto il tremendo realismo del quale vuole parlare. Lo stile è fresco e impeccabile, con capitoli brevi e dialoghi a volte serrati, la sua specialità. Mai scontata, mai banale: incuriositevi e date un’opportunità a questa scrittrice belga, che merita davvero un posto di rilievo nel vasto panorama degli autori stranieri.