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Andrea Camilleri - Morte in mare aperto, e altre indagini del giovane Montalbano Libreria Rinascita Sesto Fiorentino

Sono otto le «mosse» narrative che Camilleri si concede lungo le otto colonne e le otto traverse della sua geometrica scacchiera del racconto: tra i quattro lati del libro, e nell’ordine chiuso di un romanzo-matrioska che dentro di sé inclina, procedendo di racconto in racconto, di tensione in tensione, sull’asse unico dell’attività investigativa del commissariato di Vigàta. Più che racconti lunghi sono romanzi ristretti quelli che qui si spintonano a vicenda e concorrono al disegno unitario: uno compie un giro, l’altro ricomincia. L’andatura piacevolmente svagata e a punte d’arguzia è un effetto stilistico della restrizione e degli scorci.
Fra gli aliti grassi del mare e il fresco odore salino, a Vigàta si conduce la solita vita fragorosa di ripicche e di rimbecchi; di passioni irritabili, di insofferenze e di strampalerie. La cameriera Adelina e Livia, la fidanzata «straniera» di Montalbano, si annusano sempre da lontano. Catarella, devoto alle cerimonie più smaccate, indossa imperterrito il proprio corpo come una maschera cui aderiscono gesti e mimiche di dialettalità selvaticamente impetuosa e arruffata. Perdurano le moschetterie giornalistiche delle due contrapposte televisioni locali, abilmente strumentalizzate da Montalbano. Il medico legale, Pasquano, solo davanti a una guantiera di cannoli di ricotta è disposto a deporre acrimonie, ringhi, e «cabasisi». Il vicecommissario Mimì Augello conosce il catalogo e le vite tutte delle donne più belle e disponibili del villaggio. L’ispettore capo, Fazio, è il solerte e indisponente scout del «già fatto». L’epitome dei caratteri include una ricca galleria di ritratti, una parata di volti, un ampio esercizio fisiognomico: facce da requiem, volti dilavati, sorrisi che hanno o non hanno morbidezza, grinte e grugni di gaglioffi, musi di bruti.
Il commissario tiene gioco sovrano. Appiana ostacoli. Stabilisce relazioni tra fatti diversi. Deduce e va sicuro. Montalbano è aspramente giovane, qui. È strabordante e pieno di slanci: scontroso talvolta, ma anche disponibile e tollerante. Cauto e insidioso insieme, ricorre a tatticismi, a stratagemmi, a incursioni rese lecite solo dalla necessità del momento. La bassa industria del delitto, le vicende atroci, le storie sordide, gli insabbiamenti legali, gli accordi criminali tra le famiglie mafiose, lo sgomentano senza mai avvilirlo. Montalbano non manca di generosa indulgenza e di un delicato senso di giustizia assai più giusto dell’impersonale rigore burocratico. Qualcuno ha dato fuoco a un albergo. Non ci sono vittime. Deve essere intransigente di fronte a una mattana d’amore? Si imbatte in un professionista del furto, in un correttissimo ladro «a tariffa fissa» che con la sua arte sa aiutare la giustizia: deve negargli la mano che lo tiri fuori dalla necessità del mestiere? Va bandita l’umana «pietà», che non assolve e non condanna?