Luca D’Andrea – La sostanza del male
18,50€ – Einaudi
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inquanta ricette ghiotte e seducenti. Le tecniche di lavorazione corredate dalle belle foto di Massimo Todisco che illustrano il prodotto finale ed i procedimenti più complessi. Questo libro si rivolge a tutti gli appassionati del settore e rappresenta uno strumento di base sia per quanti intraprendono per la prima volta quest’arte sia per coloro che hanno ormai raggiunto un livello superiore. Ma questo libro vuole anche essere una testimonianza: quella del recupero e della rivisitazione di alcuni momenti della nostra grande tradizione artigianale, che poi è anche parte non secondaria della nostra tradizione culturale, e che qui rivive nella passione, nell’intelligenza e nella creatività di un Maestro Pasticcere.
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erché sono davvero impertinenti i racconti di Massimo Pacetti, riuniti nel volume pubblicato da EdiLet? Perché scansano con abilità i limiti imposti da definizioni che provano ad arginare generi e tipologie, e dunque se ne infischiano di rispettare suddivisioni in tematiche, ma, al contempo, le uniscono, le mettono in dialogo l’una con l’altra. Curiosi e impetuosi, portano non tanto «il sole nero della Malinconia», come faceva El Desdichadodi Gérard de Nerval, quanto piuttosto i raggi chiari dell’inattualità, o, per essere più precisi, di ciò che viene marchiato come inattuale da chi si adopera – scempio, questo sì, attualissimo e perdurante – a coprire di menzogne la realtà, a insabbiarla, a imbellettarla, sempre a fini predatori. Impertinenti, nel senso di un percorso alternativo o addirittura capovolto, sicuramente ribelle, rispetto alla scia, al binario, alla traiettoria lineare, è l’ordine di apparizione dei racconti, sicché è proprio l’ultimo, Le ronde, a svelare il passo, a indicare la rotta. Di una rotta dell’inattualità si tratta, una rotta profetica, come avviene per molti testi letterari di grande rilevanza, ché qui ad agire è l’intuizione, guardare dentro e in profondità, scorgere prima degli altri, attraversare con lo sguardo. Ad essere attraversata è l’esistenza dell’individuo nella storia, il suo esserne parte, la sua scelta di esserne travolto oppure, con una resistenza consapevole, sbrigativamente tacciata come impertinenza, di cercare, sempre, la verità.
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ulla tavola ci sono tutti gli ingredienti di un thriller, quegli stessi ingredienti che ne hanno già fatto un piatto apprezzato a livello internazionale: una città oscura, che offre la sua faccia più torva, fatta di acciaio, ruggine e pioggia. Un assassino seriale metodico, imprendibile, di ferocia chirurgica. Un commissario di straordinaria umanità, affiancato da una squadra in cui spiccano donne di grande acume e sensibilità. Ma questa volta in cucina c’è Mirko Zilahy, letterato e traduttore, studioso di Manganelli e traduttore di Donna Tartt. Ed è qui la sorpresa. Zilahy ha la sapiente capacità di farsi da parte e lasciare che siano i suoi personaggi – tre in particolare: il commissario Enrico Mancini, il killer senza nome e la città, Roma, anch’essa un personaggio vivo e palpitante – a fare la storia. Zilahy la racconta con una sorprendente mescolanza di registri, l’alto e il basso, l’action più travolgente accanto al misurato accostamento di lemmi selezionati con cura quasi ossessiva.
Così come Enrico Mancini non è un commissario come gli altri – tanto per cominciare, è un commissario che rifiuta i casi che si è addestrato a risolvere – anche Mirko Zilahy non è uno scrittore come gli altri.
Mio nome: Woody.
Miei anni: quasi tre.
Mia razza: basenji.
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oody, cresciuto sempre con la sua adorata padrona, una ragazza giovane e allegra che lui ama sopra ogni cosa. Finché un giorno, aprendo gli occhi, scopre che tutto è cambiato: il mondo che conosceva, pieno di gioia, avventure e affetto, è stato sostituito dal buio e dalla sporcizia di una gabbia. Come è finito lì dentro? Perché? E, soprattutto, come può tornare dalla sua padrona? È da queste domande che comincia la storia di Woody: una storia in cui, a poco a poco, si affacciano i segni di qualcosa di terribile, un evento drammatico di cui Woody è l’unico testimone.E come tutti noi il piccolo basenji sarà costretto a confrontarsi con domande che pesano sulla sua innocenza. Che cos’è il Bene? Che cos’è il Male? E come ci si può mettere al sicuro, essere felici, in un mondo che finisce per tradire la meraviglia?
Federico Baccomo riesce a raccontare la difficile realtà della violenza sulle donne dal punto di vista di Woody, un cane basenji, quasi tre anni e due occhi curiosi che guardano il mondo con stupore.
“Abbiate dalla vostra le donne”, disse a voce bassa al barone, ridendo audacemente, “e venderete il mondo”.
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inita la fiction, inizia il libro. Sbirciare il romanzo di Emile Zola da cui è stata tratta è risultato irresistibile per i più curiosi (come me) che speravano anche in qualche anticipazione sul finale (invano, lo premetto). Tutti abbiamo imparato a conoscere Teresa, ci siamo trovati ad indagare sul signor Mori, siamo stati conquistati dal Conti, abbiamo guardato con interesse le vite delle Veneri del Paradiso e sbirciato i suoi clienti, nella Milano degli anni ’50. Con Zola, siamo a Parigi, la città della moda e dell’amore. Il periodo è lo stesso, i personaggi no. Denise è la protagonista, diametralmente opposta a Teresa: timida, remissiva, dolcissima ma risoluta nelle decisioni che prende. Ha due fratelli, Jean (il Mario italiano) e il piccolo Pepè. Mouret è il signor Mori, personaggio che assorbe in sé anche le caratteristiche del dottor Conti della fiction: arrivista, determinato, seduttore e Don Giovanni, crede di poter usare le donne a suo piacimento, per i suoi scopi e guadagni. Attorno a queste due figure principali, abbiamo una rosa di personaggi minori, poco esplorati, quali le clienti del Paradiso, gli zii di Denise, le amanti di Mouriet, le commesse della boutique.
“ – Guardate che si vendicheranno –
* Chi? – domandò Mouret.
* Chi? Le donne! (…) Si vendicheranno… ce ne sarà una che le vendicherà tutte; prima o poi deve finire così -”
Questa sinistra profezia, ripetuta a Mouriet più volte nel corso della narrazione, si avvererà con la dolcissima Denise, dapprima assunta per compassione e poi ascesa ai vertici del proprio reparto grazie alle competenze che dimostra di possedere. Vessata da tutti, derisa per le sue origini contadine, risponde con la fermezza del silenzio, rifiutando lo scoraggiamento. Riesce a non essere corrotta da quel mondo di trine e pizzi, di chiacchiere e lusso, rimanendo semplice e candida. E con la stessa semplicità si insinuerà nel cuore del bel Mouriet, vacillante per la prima volta dinanzi alla profondità dei suoi sentimenti.
Lo stile curato e preciso ci proietta direttamente fra i tantissimi reparti del Paradiso delle Signore, fra stoffe preziose, tappeti persiani, splendidi ricami. Ridondante, ripetitivo a volte, in descrizioni già affrontate e molto simili fra loro: l’impressione è che sia mancato un lavoro di labor limae, di revisione del superfluo. La storia è piacevole, i dialoghi ben strutturati e facilmente ci affezioniamo ai protagonisti. Il finale, forse scontato, lascia comunque insoddisfatti per la fretta con cui sembra sia stato scritto. Lettura disimpegnata, consigliata a chi vuole passare qualche ora in Paradiso (ma sentirete la mancanza della fiction Rai!).
E in quell’ora suprema, in mezza a quell’atmosfera ardente, le donne imperavano: avevano preso d’assalto i magazzini e vi si accampavano come in terra conquistata, quasi un’orda invadente fermatasi tra la rovina delle merci. I commessi, sbalorditi, rotti dalla fatica, erano in loro balia ed esse comandavano con tirannia da sovrane. (…) Tutte con la testa alta, i gesti violenti, sembravano in casa loro, senza nessun riguardo l’una per l’altra, giovandosi del magazzino più che potevano, da furibonde.
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L’amore è la debolezza più forte
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ono passati due anni da quando suo marito l’ha lasciata per un’altra e ancora Bianca ne soffre. Poi incontra Walter e se ne innamora. Ovvero: di male in peggio, perché Walter è esattamente il tipo che qualsiasi donna con un minimo di cervello fuggirebbe come la peste. Vive in barca, è allergico ai legami e in fila per due non si faceva mettere neppure all’asilo. Bianca invece lo vorrebbe tutto per sé, sogna di fare il nido. Lei è un avvocato d’affari di grido, ha studiato in collegio, con la divisa, e ha lavorato duro per arrivare in alto, ma solo accanto a lui si sente libera, viva, coma mai le era accaduto. È pronta a lasciare ogni cosa per l’illusione di un amore? A mettere in gioco tutta se stessa e la sua vita per un’intuizione del cuore?
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